Megarails: una goccia, nel mare del fermodellismo.

Megarails: una goccia, nel mare del fermodellismo.

giovedì 9 settembre 2010

Il percorso spirituale di Megarails - parte II

"DUE METRI PER UNO??"

Già...due metri per uno. Quando papà mi chiese se mi volevo costruire un plastico io lo guardai come se avesse parlato arabo. Ma in fondo avevo recepito: un posto dove far correre i miei trenini senza tutte le volte montare e smontare i binari. Curiosamente, quando monto e smonto il mio (ehm, suo...) vecchio Märklin mi scarico completamente i nervi. Allora invece era il contrario: il plastico era più un gioco da grandi.
Sembrava di avere chissà cosa tra le mani: Ovale a doppio binario con piccolo scalo merci e ben due semafori. Collegare gli scambi elettrici che possedevo era come montare lo Shuttle! Unico problema, il "trafo" Lima 2056, sbandierato come adatto al pilotaggio di due treni ma fuso due volte. Il problema si risolve con il modello 2057, con presa sia DC che AC così potevo pilotare i treni e gli scambi con un solo trafo. Possedevo anche un Lima 2055 con uscita solo AC per collegare i semafori. Entrambi i trasformatori sono giunti funzionanti ai giorni nostri: Il 2055 a 14V ~ per scambi, semafori e accessori vari; il 2057, assieme a un "gemellino" acquistato più avanti, profondamente modificati e ora elettronici con schema Darlington e comando logaritmico...è più grosso il dissipatore dei transistor che tutto il contenitore.
Una volta montato il tracciato e finito i collegamenti elettrici, sistemo stazione e casette varie, sempre Lima, e accenno timidamente il paesaggio. "Accennare timidamente il paesaggio" significava colorare con vecchie tempere e colori ad olio e imitare la massicciata intorno ai binari, la terra, i prati e i giardini delle casette. Vecchie pagliette da piatti gialle e verdi sbriciolate fungevano da siepi o, con stecchette delle confezioni di soldatini Atlantic, da piccoli alberi. Una bella galleria decorata della Lima, che uso ancora sull'attuale plastico, completava l'arredo.
Nel frattempo, a far compagnia alla francese BB 9200 e alle italiane E 444 ed E 424, arriva la sospirata E 646. Era diversa dalle altre: fari illuminati, più pesante e pareva anche più potente. Era un mio mito da bambino, assieme alla sorellina E 645, viste entrambi infinite volte durante i viaggi in montagna tra Genova, Torino e Oulx. In seguito raggiunse la combriccola anche una bella E 656.
In più, ogni tanto un nuovo carro merci oppure una nuova carrozza. Mio padre è persino riuscito a nascondermi una carrozza a carrelli in un uovo di pasqua! Papà era straordinario nel lasciarmi sfogare nel fermodellismo con quello che avevo a disposizione, senza strafogarmi di cose inutili, finchè non riusciva a intuire quando avevo bisogno di nuovi stimoli nel gioco. Mi spiava la sera, quando giocavo col giovane plastico al buoi, solo con le luci delle locomotive e dei semafori. E cominciò a portarmi cose strane per arricchire la nostra piccola opera...
Io non sapevo ancora che lui era un "marklinista" ma i sospetti sul suo passato fermodellistico nacquero quando un giorno si presentò con degli alberi per il plastico, più o meno come questi a lato. In più, mi portò della segatura strana verde dello stesso marchio e un rotolo di un tappetino peloso della stessa consistenza, verde e di un altro marchio. Ritagliammo il tappetino e sistemammo i ritagli qua e là per il plastico, rimpiazzando i colori a olio, e riempiendo i vuoti con la segatura verde posata con colla vinilica. Era l'inizio di uno stadio successivo, era il momento di "salire di tono", i miei trenini desideravano qualcosa di più dal loro habitat!
E' la stessa sensazione di un automobilista degli anni '60 che compra la 1100...poi la cambia e ne compra un'altra...un'altra ancora...fin quando non vede per la prima volta la 125!